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Diabete e il partner - Diabetescore
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Indice

Il diabete e il partner
L’autonomizzazione del partner con diabete
Comportamenti
Reazioni
Il problema della disfunzione erettile

Una coppia condivide tutto, in parte anche l’autogestione del diabete. Il diabete si vive in coppia o in famiglia. Si tratta di una condizione che deve essere tenuta presente in molti momenti della vita in comune: l’alimentazione, l’esercizio fisico... insomma, qualcosa che accompagna la vita come sostiene in un articolo la d.ssa Raffaella Fresa, responsabile del day hospital diabetologico presso la UOD di Endocrinologia e Malattie metaboliche dell’ASL Salerno 1.
Il rapporto di coppia può variare a secondo se vi sia stata accettazione da parte del diabetico della propria condizione di diversità che si riflette anche nel rapporto di coppia. Certamente «l’equilibrio glicemico tende a peggiorare, in media di un punto secco di emoglobina glicata, quando il paziente inizia a convivere, nascendo dalla constatazione che, in non poche coppie, il paziente sviluppava episodi estremi di scompenso glicemico, generalmente sempre gli stessi: ipoglicemie o chetoacidosi, pur avendo tutte le informazioni necessarie per evitarle.
Sempre secondo la d.ssa Fresa, questi episodi costituiscono ‘messaggi’ subliminali inviati dalla persona con diabete al proprio partner riscontrando, quale comportamento comune, un istinto a fare o a farsi del male (tipica della psiche delle persone): questa cosa la si riscontra nei bambini e nelle personalità che mantengono forti tratti infantili.
È più di un messaggio, è una vera punizione contro il curante, ossia il partner;  in molti casi la relazione diviene prevalentemente una relazione di aiuto, non riuscendo la coppia ad evolvere da questa situazione: si pensi alle madri che fanno fatica ad uscire dalla fase in cui il bambino ha oggettivamente bisogno di loro oppure ai figli che non riescono a emanciparsi dalla relazione di aiuto con ripercussioni considerevoli sulla loro vita da adulti pur in presenza di una condizione oggettivamente non invalidante ma che comunque richiede continue attenzioni; in altre parole il diabete per questi soggetti è un volano che facilita questo rapporto di dipendenza  di dipendenza.
Insomma, la moglie o il marito vengono considerati come “infermieri” della persona con diabete.
Il problema dell’autonomia si rende particolarmente evidente se ad avere il diabete sia il maschio. La donna, già abituata nella maggior parte dei casi a gestire le scelte alimentari e gli orari della famiglia, rischia più facilmente di estendere tale gestione anche al compagno diabetico, trasformandosi oltre che nell’infermiera, anche nella custode delle sue glicemie, assumendo atteggiamenti di controllo che finiscono per rivolgersi contro se stessa, a causa della notevole ansia con cui finisce per prendersi cura del compagno diabetico, causando comportamenti anche violenti nei suoi confronti da parte del diabetico.
Si è vittima consenziente: anzi, spesso il compagno con diabete cerca inconsciamente una donna votata alla relazione di aiuto. Spesso il marito diabetico sceglie una moglie molto simile alla propria madre, quanto meno negli atteggiamenti. Nella storia di queste persone manca o è limitata l’accettazione del diabete che porta alla fase della autonomizzazione da altre persone, ponendosi le basi per una relazione fortemente regressiva, quindi non da adulto ad adulto ma da bambino a genitore. In questo contesto è stato riscontrato un tendenziale peggioramento dell’equilibrio glicemico e degli episodi di punizione prima decritti.
Quando è la donna ad avere il diabete – continua la d.ssa Fresa - le cose si complicano in quanto il maschio tende ad esercitare un controllo sulla compagna diabetica; tuttavia molte volte il controllo è solo verbale, fatto di frasi del tipo “lo dico per il tuo bene” che spesso vengono percepite come rimprovero e raramente si accompagnano a una condivisione pratica della vita della coppia o della famiglia. In questo contesto la partner diabetica si può sentire rimproverata e non realmente accudita, su cui normalmente grava il peso della famiglia.
Il compagno della donna con diabete, nel controllare le sue glicemie o il suo peso, sembra ispirarsi a un criterio di perfezione piuttosto che a un bisogno di condivisione ciò generando dall’altra parte esasperazione e voglia di fare esattamente l’opposto: “così peggiori solo le cose” è una delle frasi più frequenti, oltre ad insinuare il dubbio dell’altra.

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L’autonomizzazione del partner con diabete
E’ necessario in tali casi promuovere l’autonomizzazione del partner con diabete: in pochi casi la relazione è liberatoria e il partner senza diabete invita alla trasgressione o comunque alla liberazione; la relazione più frequente, invece, vede il partner, soprattutto quello di sesso femminile, dipendere dal suo ruolo di curante, dipendere dalla dipendenza dell’altro manifestando un sintomo di possesso (è quella che gli americani chiamano co-dipendenza e che è stata studiata per esempio per quel che riguarda l’alcolismo o le dipendenze dal cibo). E’ logico che il partner curante teme, o comunque non cerca, una relazione paritaria con il compagno, o perché proviene da una famiglia dove questa non esisteva o semplicemente per paura e mancanza di dialogo con il partner: la donna teme una relazione in cui non sarà più infermiera e l’uomo una relazione in cui non avrà più il diritto di lamentarsi della moglie malata.
Il rapporto molte volte risulta essere turbato per alcune reazioni del partner diabetico:  il diabetico diventa palesemente aggressivo nei confronti del coniuge, in particolare negando collaborazione ad assumere carboidrati e potendo anche diventare violento alle continue offerte di aiuto da parte del coniuge infermiere, come reazione a semplici frasi del tipo “vuoi un po’ di zucchero” oppure “hai una ipoglicemia ?”.  
Questa situazione è molto spiacevole ma sovente capita che le persone diabetiche, durante episodi d’ipoglicemia, si comportino in modo burbero e scontroso e ciò è dovuto, probabilmente, al fatto che durante un grave calo della glicemia viene secreta, tra altro, una maggiore quantità di adrenalina, finendo  questi ormoni per avere un influsso sul nostro comportamento: è tipico che durante una crisi ipoglicemica il diabetico contesta il fatto di avere un’ipoglicemia e si rifiuta di mangiare qualcosa di zuccherato.
Occorre cercare di convincere la persona diabetica, quando si trova in condizioni normali di glicemia, che l’aiuto offertole durante una crisi ipoglicemica è sensato e necessario.
Tuttavia, durante l’episodio di ipoglicemia, difficilmente si riesce a mantenere il controllo e a reagire in modo ragionevole: è frequente che il diabetico rifiuti l’aiuto da parte del coniuge e/o dei propri familiari mentre non si manifestano reazioni aggressive nei confronti di estranei (infermieri, amici, etc.), sulla considerazione che nei confronti di quest’ultimo non ci si potranno sfogare proprie problematiche esistenziali ma soprattutto non si potranno creare situazioni di dipendenza.    
E’ estremamente importante che i familiari siano al corrente del fatto che durante una grave  ipoglicemia la volontà della persona diabetica è praticamente interrotta: è come se questa persona vedesse avanti ai propri occhi una realtà virtuale che non riesce a controllare nonostante questa persona si sforzi a farlo; anzi più la crisi ipoglicemica è più grave e più sono gli sforzi del diabetico di cercare di controllare la situazione comportando un  aumento di stress quindi di reazioni violente contrastanti, che non hanno nulla a che vedere con la vera personalità e il carattere della persona colpita.

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Comportamenti
Può accadere che nella vita reale, persone tranquille, riflessive e padrone di loro stesse, possano diventare aggressive durante un’ipoglicemia.
Ci sono altri comportamenti che danno ripetutamente origine a delle discussioni: i familiari dei diabetici si lamentano sovente del fatto che:
• i loro partner percepiscono le ipoglicemie, che si sono verificate in loro presenza – e contro le quali loro hanno combattuto –  come se fossero abbandonati a loro stessi addossando quindi tutta la responsabilità sul familiare; oppure
• che costoro avvertano con anticipo rispetto al paziente diabetico, le ipoglicemie, ricevendo insulti o false incredulità da parte dei diabetico.

Anche in questo caso è importante che i parenti e i partner siano informati riguardo al fatto che il diabetico, in queste circostanze, non agisce consapevolmente. Il suo comportamento è paragonabile a quello, anch’esso inconsapevole, di chi viene improvvisamente strappato dal sonno, al mattino presto, dalla sveglia e la probabilità di spegnere – inconsapevolmente – la sveglia e di continuare tranquillamente a dormire è maggiore, se sappiamo che in caso di necessità verremo svegliati dai nostri parenti. Quando invece la sveglia dipende esclusivamente da noi, si reagisce,  invece, in modo più responsabile rientrandosi nella c.d. fase di autonomizzazione.
E’ chiaro che in questo caso le reazioni saranno  diverse

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Reazioni
Durante le crisi ipoglicemiche spesso subentrano reazioni inconsce ed arcaiche. E’ quindi importante esserne al corrente, per evitare inutili tensioni in famiglia.
La causa di ciò non lo sa nessuno con certezza.
A volte le reazioni possono essere passive nel senso che il diabetico accetta qualsiasi soluzione le venga proposta da chiunque, dal coniuge, dai familiari e da persone estranee.  Altre volte i comportamenti  
Certamente a livello psicologico un fattore determinante è costituito dalla mancata accettazione del problema da parte del paziente diabetico, che determina, a che si voglia dire,  comunque una diversità rispetto alle persone normali.
E’ una reazione ad una inferiorità che il diabetico avverte in quei momenti di confusione (proprio come durante crisi ipoglicemiche) potendosi esternare in modi anche violenti, saltando i freni inibitori. E’ come se il velo che controlla la nostra mente svanisca temporaneamente emergendo l’istinto più intimo di ogni individuo, che potrebbe coincidere, ma non sempre, con quello che un soggetto prova veramente. Può capitare che diabetici, pur provando un amore spassionato verso il proprio partner, perdano il controllo durante le crisi ipoglicemiche arrivando ad insultare e schiaffeggiando improvvisamente e in modo pesante il partner che gli prestava soccorso dandogli della cioccolata, quindi sostanze non propriamente riconducibili al diabete: in questi casi appare in modo palese la mancata accettazione del diabete, che comunque è un problema comportante  sofferenze, che per quanto minime possano essere, sono sempre latenti e che si manifestano nei momenti di debolezza.

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Il problema della disfunzione erettile
I problemi della vita di coppia nella gestione della malattia diabetica si evidenziano anche a causa della disfunzione erettile, che colpisce oltre un terzo dei pazienti dì sesso maschile. Alla condizione diabetica sono spesso associati disturbi dì tipo sessuale, che possono avere un impatto negativo sulla vita dì coppia.
La d.ssa Dott.ssa Mariarosaria Grazioso (psicologa-psicoterapeuta e sessuologa, che svolge la sua attività a Bari), ha evidenziato tra i maggiori problemi, la disfunzione erettile, seguita dalla eiaculazione retrograda mentre nella popolazione femminile invece ho spesso riscontrato casi di dispareunia e disturbi legati alla fase dell'eccitazione.
La richiesta di aiuto arriva con molta maggiore frequenza dalla popolazione maschile piuttosto che da quella femminile e questo comportamento è giustificato da una serie di fattori, tra loro interdipendenti (le differenze tra le tipologie di disfunzioni sessuali che colpiscono i due sessi; l'influenza che i fattori culturali e i processi di socializzazione alla sessualità esercitano sui vissuti legati alla sessualità di maschi e femmine).
Spesso nella popolazione femminile si evidenzia un atteggiamento più rinunciatario rispetto ai bisogni legati alla propria sessualità. Al contrario, la popolazione maschile attribuisce alla sessualità un valore culturale diverso. Questa differenza si coglie chiaramente, spiegando, tra l'altro, l'alta incidenza di pazienti depressi tra la popolazione diabetica di sesso maschile, depressione spesso secondaria alla disfunzione sessuale.
Il problema è che sorgono problemi di coinvolgimento dell’altro coniuge: in molti casi, purtroppo, il paziente diabetico, specie se di sesso maschile, presenta una certa resistenza a coinvolgere nella terapia sessuologica il proprio partner, verso il quale nutre a volte profondi sensi di colpa mentre, in realtà, la presenza del partner in molti casi può essere di aiuto alla risoluzione del problema e alla maturazione di stili di comportamento alternativi e compensatori.
Ciò può influire negativamente sulla relazione con il partner: di solito la partner vive il mancato coinvolgimento nella terapia, la chiusura in se stesso del compagno, come vero e proprio rifiuto. Questo potrebbe innescare una serie di dinamiche distruttive per la relazione di coppia.
Normalmente il problema viene alla luce in quanto è lo specialista che stimola il suo paziente a parlare dei suoi problemi di natura sessuale; infatti il paziente, specie se di sesso maschile, tende a non parlarne poiché vive la disfunzione sessuale, specie la disfunzione erettile, passivamente, subendola come se si trattasse di un problema irrisolvibile.
Una accurata e completa anamnesi e una buona capacità professionale ed empatica di solito riescono a fare emergere le disfunzioni sessuali e a trasformare la motivazione estrinseca al colloquio in una motivazione intrinseca, molto più proficua per il paziente sul piano clinico. Purtroppo molti operatori della salute durante la raccolta anamnestica ignorano la storia e i vissuti sessuali del paziente, in parte per il carico di lavoro cui sono sottoposti e in alcuni casi per una personale resistenza ad affrontare la tematica sessuale. Del resto, per affrontare la disfunzione sessuale è necessario prima di tutto fare i conti con se stessi e con la propria sessualità, ma purtroppo il percorso formativo da questo punto di vista dimostra di essere carente.
Una accurata anamnesi porterebbe di certo alla luce una più alta incidenza delle disfunzioni sessuali. Nell'origine dei problemi sessuali dei pazienti diabetici pesano i fattori organici e l'impatto psichico, i quali sono tra loro in un rapporto di interdipendenza circolare, contribuendo entrambi  all'eziologia delle varie disfunzioni sessuali. In alcuni casi vi è una prevalenza eziologica di fattori organici, in altri pesano di più fattori di natura psicologica. Nel caso della popolazione diabetica l'incidenza dei fattori organici e di quelli psicologici dipende sia dall'età del paziente che dalla durata della malattia.
Per poter intervenire con maggiore efficacia, alcuni diabetologi hanno avviato una collaborazione con il sessuologo clinico, che riguarda sia la fase dell'anamnesi che quella della diagnosi e della terapia. Questa collaborazione, che può senz'altro ridurre il rischio di errori, non avviene purtroppo con la frequenza auspicabile.
E’ utile più che opportuno che il paziente affronti il suo problema sia con il partner che con uno specialista e uno psicologo, perché la dimensione psicosessuale ha una notevole importanza nell'ambito del benessere psicofisico e relazionale dell'individuo ed è sicuramente un indice di tutto questo.
In alcuni casi può essere utile un percorso psicologico più specifico per far aprire la coppia o la famiglia ad altri punti di vista, purché lo si faccia con molta cautela, valutando caso per caso e monitorando strettamente la persona col diabete dal punto di vista metabolico durante la terapia.
In ogni caso il ruolo del medico – e anche dello psicologo – non è per forza quello di riscrivere la storia del paziente; il team deve aprire delle finestre nella relazione, far intravedere delle possibilità alternative e compatibili, in modo che la relazione di coppia non influisca negativamente sulla salute di entrambi.

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Fonti
http://www.dm1.it/adulti/articoli/view.asp?IDCategory=28&IDArticle=446
http://www.giornale-diabetici.ch/archivio/archivio/ipoglicemie-e-partner-1342/
http://www.psicologoinrete.it/diabete.asp