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Categoria: Psicologia
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L'esordio acuto del diabete, che spesso rende necessario un ricovero immediato del bambino e dell'adolescente, determina un notevole trauma al momento della diagnosi sia per il paziente che per i suoi familiari.
Tale situazione è inoltre aggravata dal fatto che il paziente e la sua famiglia apprendono che il diabete non solo dura tutta la vita con la necessità di praticare più iniezioni di insulina al giorno, ma anche che è necessario eseguire controlli della glicemia più volte al giorno, di avere un'alimentazione controllata e, soprattutto, che è assolutamente necessario raggiungere un buon controllo metabolico allo scopo di evitare la comparsa di severe complicanze.
Di solito la comunicazione della diagnosi comporta notevoli problemi di accettazione prima e di adattamento dopo, tali da modificare spesso le abitudini di vita sia del paziente che di tutta la sua famiglia.
Tali problematiche sono differenti secondo l'età d'insorgenza della malattia e devono essere affrontate dal pediatra diabetologo e dall'equipe plurispecialistica fin dall'inizio, per porre le basi per la formazione di un'alleanza con il paziente, in modo di essere messi in grado di risolvere tutte o quanto meno le difficoltà più comuni che potranno verificarsi in futuro.
È noto, infatti, che il controllo metabolico sarà tanto migliore quanto più adeguatamente è stato affrontato il trauma alla diagnosi e l'accettazione della malattia.
Gli effetti di una stretta collaborazione tra il bambino o l'adolescente, la sua famiglia e l'equipe sanitaria del Centro (pediatria, diabetologo, psicologo, dietista, oculista, infermiera specializzata etc.), saranno corretti se gli elementi del gruppo sanitario sono coordinati tra loro e sempre disponibili per le esigenze e le necessità di ogni singolo paziente.
La conoscenza della storia familiare del bambino, dell'ambiente socio-economico in cui vive e della sua maturità intellettiva sono importanti per valutare la reale possibilità di adesione, per ogni singolo caso, ad un programma personalizzato di educazione all'autocontrollo.
Gli insuccessi che si verificano in alcuni pazienti che non sono in grado di mantenere un controllo metabolico soddisfacente o che rifiutano la malattia possono dipendere sia da un insufficiente disponibilità del personale del Centro o, più spesso, da una incapacità del paziente e della sua famiglia a sopportare per lungo tempo il peso di un controllo assiduo e ripetitivo. Inoltre, l'atteggiamento psicologico del paziente ha una notevole influenza sul controllo metabolico. Situazioni di ansia o disturbi depressivi prolungati impediscono il normale equilibrio glicemico attraverso la produzione di ormoni controregolatori, che causano un aumento della glicemia; rendersi conto che la situazione non è sotto controllo può a sua volta determinare ulteriori preoccupazioni e senso di sfiducia in se stessi. In questi casi, è necessario non colpevolizzare troppo il paziente, ma bisogna operare una distinzione tra eventuali inadempienze nelle modalità di autocontrollo, che vanno corrette, e situazioni ambientali o personali, che sono fonte di disagio e quindi di squilibrio metabolico. Ai bambini diabetici si insegna che possono vivere una vita quindi di squilibrio metabolico. Ai bambini diabetici si insegna che possono vivere una vita ragionevolmente normale e debbono partecipare alle stesse attività svolte dai loro coetanei. Queste premesse educative si scontrano però con il fatto che "non vi è nulla di ragionevolmente normale nel doversi praticare diverse iniezioni al giorno e nel dover controllare continuamente la propria dieta"; alcuni bambini difficilmente sono disposti ad accettare questa situazione. In tal caso, può essere utile un controllo più frequente, anche ogni 15 giorni, nel tentativo di risolvere le cause di non accettazione della malattia, con interventi dello psicologo ed eventualmente del personale sanitario del territorio: famiglia, scuola, etc..
Emerge pertanto che non sempre è facile mantenere un buon controllo metabolico per una difficoltà di adesione continuativa al programma di educazione all'autogestione e per la presenza di problematiche collegate all'età di insorgenza della malattia ed all'accettazione della stessa in determinati periodi di vita.

1. IL DIABETE NELLA PRIMA INFANZIA
Fortunatamente, l'esordio della malattia in tale epoca è relativamente raro, ma, come accertato, va aumentando il numero dei bambini colpiti dalla malattia sotto i 5 anni. Il bambino piccolo che deve essere ricoverato per stabilizzare la malattia va incontro all'interruzione delle abitudini domestiche, a provvedimenti medici dolorosi e, per lui inspiegabili, ad interazioni con numerose persone estranee; talvolta è possibile che interpreti la malattia e l'ospedalizzazione come un atto punitivo nei suoi confronti, in altri casi manifesta collera verso i suoi genitori, perché essi lasciano che gli accada tutto questo, oppure perché ne limitano l'attività per paura di crisi ipoglicemiche. È particolarmente importante, a quest'età, che i genitori siano sempre vicini al proprio figlio/a durante la degenza, consentendogli di esprimere i suoi sentimenti attraverso la parola o il gioco, e preparandolo e confortandolo anche di fronte al minimo procedimento diagnostico o terapeutico. Il primo approccio educativo deve essere in continuo equilibrio tra tolleranza e disciplina: se i genitori considerano il bambino malato troppo vulnerabile, potranno ostacolare lo svolgimento di occupazioni appropriate per la sua età, e mostrare magari eccessiva permissività in altri campi; essi vanno dunque sostenuti psicologicamente attraverso manifestazioni di fiducia e riconoscimento della loro capacità di svolgere il proprio ruolo anche nei confronti di un bambino "ammalato".
Spesso si stabilisce tra madre e figlio una situazione di totale dipendenza, per il timore che altre persone non siano in grado di provvedere all'esigenza del bambino; ciò determina in alcuni casi il desiderio o la necessità di abbandonare il lavoro e qualsiasi altra attività di vita sociale per la volontà di dedicarsi completamente al figlio.

2. IL DIABETE IN ETÀ PRESCOLARE
In questa età, pur presentandosi problemi che sono simili al periodo precedente, il bambino tende più facilmente a sottomettersi ad alcune norme di comportamento. È necessario, tuttavia, un buon rapporto con i genitori per favorire al massimo la socializzazione e contemporaneamente far accettare la necessità dei controlli periodici e del metodo di autocontrollo.

3. IL DIABETE IN ETÀ SCOLARE
In questa età, è necessario un appropriato equilibrio tra responsabilità del bambino e dei genitori. Talvolta, il piccolo diabetico può incontrare notevoli difficoltà nell'acquistare la propria indipendenza nei confronti della famiglia. Esiste, infatti, la preoccupazione da parte dei genitori che il personale scolastico o il bambino stesso non siano in grado di provvedere alle esigenze del momento, come nel caso si verifichino crisi ipoglicemiche durante un'attività fisica programmata o durante la partecipazione a feste di compagni, etc. È necessario evitare qualsiasi forma di discriminazione, favorendo al contrario l'integrazione con i coetanei; ogni dettaglio che sottolinei la differenza con i compagni interferisce con lo sviluppo di normali rapporti sociali e può determinare scarsa stima e sicurezza nella propria persona.
In quest'età, il bambino è spesso sollecitato a rendersi progressivamente autonomo nel praticare i controlli della glicemia e nell'effettuare la terapia insulinica. L'indipendenza dalla madre e dalla famiglia deve essere accettata volontariamente dal paziente, rispettando i ritmi di maturazione personali e facendo in modo che non sia un nuovo trauma una responsabilizzazione troppo precoce e poco graduale.

4. IL DIABETE NELL'ADOLESCENZA
La pubertà costituisce un fase transitoria di sviluppo tra l'infanzia e l'età adulta, che determina cambiamenti biologici, psicologici e socio-relazionali che può facilmente interferire in maniera negativa con il controllo metabolico.
Una malattia cronica come il diabete, infatti, tende ad amplificare tutte le difficoltà caratteristiche del periodo puberale.
Il bisogno di autonomia, soprattutto nei confronti dei genitori, la contestazione e la ribellione alle imposizioni e i tentativi di affermare la propria immagine e personalità sono comuni a tutti gli adolescenti.
Nei diabetici questi atteggiamenti si scontrano con la realtà della malattia cronica e possono rallentare l'evoluzione del processo maturativo.
La ricerca dell'autonomia entra spesso in conflitto con l'atteggiamento iperprotettivo dei genitori, la contestazione trova sfogo nel rifiuto dell'autocontrollo, la ricerca di una propria immagine positiva si scontra con la paura che i coetanei li sorprendano in una condizione di debolezza fisica, quale l'ipoglicemia può provocare.
Infine, la convinzione che non c'è nulla da fare, porta alla depressione e al conseguente rifiuto dei controlli delegandoli eventualmente ai genitori. La depressione conduce anche alle trasgressioni dietetiche, poiché il rifiuto nel cibo, soprattutto quello dolce, diventa quasi ossessivo rappresentando esso l'unica immediata consolazione gratificante. Ciò comporta, oltre al deterioramento del controllo metabolico, un aumento ponderale più evidente nel sesso femminile.

Tra i maggiori rischi dell'adolescente diabetico vanno inclusi:


Lo scarso controllo metabolico nell'adolescenza potrebbe essere conseguenza di:



GESTIONE OTTIMALE DEL PAZIENTE DIABETICO ADOLESCENTE
È necessario pertanto:


È inoltre necessario sviluppare appropriati modelli educativi che:


Per gli adolescenti diabetici è inoltre opportuno dare:


Il Centro di Diabetologia Pediatrica deve cercare di mantenere contatti con tutti i giovani che non afferiscono più al Centro, in quanto apparentemente persi al follow-up.

Passaggio alla fase adulta
Il passaggio dell'adolescente affetto da diabete tipo 1 dal Servizio di Diabetologia Pediatrica a quello degli adulti presenta numerose problematiche legate in parte al rifiuto della malattia e di una sua cura continua che spesso i ragazzi adolescenti manifestano. Tutto questo espone l'adolescente a rischio di gravi squilibri metabolici acuti con rapida progressione verso le complicanze croniche.
È importante preparare l'inserimento dei pazienti che hanno superato i 18 anni di età nelle Strutture Diabetologiche dell'adulto, alla luce dei numerosi problemi che sono stati posti ai pediatri che li hanno seguiti fino a quel momento: burocratici, in caso di ricovero e di gestione, in quanto l'età adulta ha diverse esigenze rispetto a quella pediatrica. È noto che i giovani adolescenti affetti da diabete di tipo 1 gestiscono spesso male la malattia, non seguendo i consigli dietetici, dimenticando la somministrazione di insulina, omettendo di controllare la glicemia e talora falsificandone i valori. In tutto questo contesto, è importante che comunichino il pediatra diabetologo e il diabetologo degli adulti che subentrerà nella gestione della malattia, cercando di comprendere insieme come il giovane affetto da diabete di tipo 1 si trovi spesso in precario equilibrio psicologico. Il diabetologo dell'adulto, in collaborazione con il pediatra diabetologo, dovrà instaurare un rapporto di fiducia necessario alla gestione futura del paziente, che dovrà affrontare anche il mondo del lavoro. I Centri di Diabetologia per adulti dovrebbero impegnarsi a garantire un graduale inserimento dei giovani diabetici, evitando che questi, istruiti in modo adeguato dai pediatri all'autocontrollo della malattia possano passare all'autogestione della malattia ritenendo inutile la consulenza del medico specialista.
Il programma del passaggio al Centro Diabetologico per adulti deve svolgersi attraverso:



Fonti
http://www.diabete.net/vivere-con-il-diabete/bambini-e-giovani-con-il-diabete/
http://www.agd.it/leggilazio/lineeguida/varie_eta.htm
http://www.agd.it/leggilazio/lineeguida/passaggio.htm